Ogni suicidio è il prodotto di una violenza implosa contro se stessi. L’assenza del conflitto che connota oggi le relazioni prossime fra genitori e figli, insegnanti e alunni, sembra trasformarsi in una violenza che i giovani indirizzano contro se stessi attraverso una molteplicità di condotte autodistruttive che nel suicidio rintracciano il game over. Il suicidio giovanile è la forma ’orrorista’ di un’autoviolenza derivata da un’insufficienza di legami significativi che minano l’identità nel suo formarsi. È orrorista perché è finalizzata alla distruzione di quel corpo che si associa ad una finta costruzione del Sé sociale, mentre il nucleo più autentico della soggettività sfugge allo sguardo dell’Altro ed ogni legame sembra essersi reciso irreversibilmente. Il saggio analizza la storia di tre giovani suicidi. Tre storie spezzate di giovani che non avevano imparato a difendersi stando dentro quel conflitto con l’Altro significativo che consente l’affermazione della propria identità.