Rosario Livatino, il giudice appena trentottenne assassinato nel 1990 dai mafiosi di Agrigento, ha offerto una splendida testimonianza di laicità in molti sensi: come credente, come magistrato e come eroe 'borghese'. La sua imminente proclamazione di "beato" da parte della Chiesa cattolica è perciò un'occasione per riscoprire la sua storia umana e professionale: illuminante non solo per il mondo cattolico (troppo spesso ignavo o complice nei confronti del dominio politico-mafioso), ma anche per la società italiana nel suo complesso (nella quale pochi sono tuttora i modelli di riferimento 'credibili' di un'etica civile appassionante e contagiosa).