Questo appassionante libro racconta la storia di don Giuseppe (Peppino) Diana. Una storia suggestiva e drammatica: di coraggio, impegno e sacrificio. […] Don Diana era significativamente presente sulla questione mafia con la ricerca di una società più giusta e più umana, più equa nella distribuzione dei beni. Credeva nel principio che denunzia e prassi […] devono andare nella stessa direzione e che questa deve essere riconoscibile. Perché denunziare l’immoralità e il clientelismo, e nello stesso tempo servirsene come chiunque altro, vuol dire aiutare la mafia, la sua cultura, il suo potere. Don Diana non era certamente uno di quelli che lamentano la crisi della legalità e poi predicano e praticano indifferenza e privatismo, così perpetuando i guasti del sistema e aiutando di conseguenza la mafia. Perché la mafia non è frutto soltanto di cattivo funzionamento dell’ordine pubblico, ma è segno visibile che tutto il sistema – appunto – è malato. E come ogni malattia non può che essere combattuta in tutte le sue manifestazioni, anche per toglierle sempre più spazio. […] La morte di don Diana segna una stagione di troppi silenzi, troppi ritardi, troppe paure e collusioni – anche della Chiesa – di fronte alla mafia. Se una nuova coscienza ha poi cominciato a nascere – pure nei cristiani – è anche grazie a testimonianze come quelle di don Diana. Questo libro ne scolpisce assai bene la memoria. E sarà ancor più utile se servirà a far sì che questo barlume, questo inizio di nuova coscienza non si affievolisca, ma anzi si consolidi e si espanda. (Dalla prefazione di Gian Carlo Caselli)